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Vale la pena investire del tempo nel drama "Start-Up"?

Vale la pena investire del tempo nel drama “Start-Up”?

| On 08, Mag 2021

Un triangolo amoroso, identità sbagliata, catfishing innocuo: i cliché per una commedia romantica ci sono tutti e questo rende ‘Start Up’ un drama piuttosto standard. Grazie all’ambientazione aziendale e una narrativa vivace, alla fine, il drama resta un prodotto godibile.

Proprio l’introduzione dell’aspetto economico, che si concentra soprattutto sull’importanza che le nuove tecnologie hanno per l’economia della Corea del Sud, ci trasporta in un drama sognante che dipinge un mondo capace di raccontare la storia di giovani coreani alla ricerca di se stessi e di un lavoro, in alternativa alla tradizionale storia di chaebol (figli di ricchi CEO), fin troppo spesso abusata nei drama. Un approccio davvero rinfrescante che, però, non è privo di problematiche.

Di cosa parla?
Ambientato nella fittizia Silicon Valley della Corea del Sud, chiamata Sandbox, Start-Up racconta la crescita di piccoli imprenditori nel mondo delle startup. Seo Dal-mi (Bae Suzy) è una giovane donna brillante e ambiziosa, una ragazza che ha dovuto affrontare molte difficoltà. Ha un pessimo rapporto con la madre e la sorella maggiore, ma che è appassionata sul lavoro, brillante, vitale e di gran cuore.
Nam Do-san (Nam Joo-hyuk), è il fondatore delle Samsan Tech: un “genio della matematica” da ragazzo. Un tempo Do-san era l’orgoglio della sua famiglia, ma ora è diventato la loro vergogna, poiché la sua attività non riesce a sfondare.
Per una serie di fraintendimenti, Dal-mi si convince che il suo amico di penna quando era piccola, di cui è da tempo innamorata, sia proprio Nam Do-san, e Han Ji‑pyeong (Kim Seonho), investitore e genio delle stratup, è pronto a fare di tutto per portare avanti questa finzione.

Piccole cose bellissime:
Il drama ha un’atmosfera ariosa e giovanile, percezione ulteriormente sottolineata da una tavolozza di colori chiari e personaggi buoni con un cuore dolce e semplice.

L’introduzione è molto buona, la scenografia e fotografia è molto curata, il mix di generi (commedia, rom-com, melodramma in ambiente lavorativo) crea qualcosa di familiare ma comunque fresco e piacevole.

Cosa affronta il drama?
“Start-Up” mostra come tutti abbiano bisogno di una mano nel viaggio verso il successo. Questo mantra è l’idea alla base di Sandbox, l’incubatore di imprese in cui si svolge gran parte del dramma. Sandbox vuole aiutare le startup nella crescita, selezionando le più promettenti, e mettendo a loro disposizione i massimi esperti nel settore, per permettere loro di provare cose nuove e anche di fallire senza gravi conseguenze. Un po’ come cadere sulla sabbia, dove puoi alzarti illeso e pronto a riprovare, questo è Sandbox.

Già questo discorso di per sé è molto interessante e illuminante: persone esperte nel settore, con i finanziamenti e le conoscenze, pronti ad aiutare i giovani a trovare la loro via. Sarebbe bello vedere realtà del genere nascere sul serio e supportare i giovani e il futuro. Tramite Sandbox in “Start-Up” si parla dell’importanza della cooperazione e del supporto: nessuno si salva da solo, così come nessuno cresce da solo. Bisogna avere qualcuno al tuo fianco capace di guidarti ma anche di dirti dove sbagli e quando devi lasciar perdere. Il mondo è spietato e illudersi non serve, quello che importa è metterci cuore, entusiasmo ma anche razionalità e impegno. “Start-Up” lo spiega bene in diverse occasioni ed è sicuramente una delle tematiche meglio trattate del drama.

Altro tema interessante è quello del perdono, a volte trattato molto naturale e altre un po’ forzato e superficiale. Le persone sbagliano, si feriscono, ma perdonare serve a entrambi, a chi ha sbagliato ed è pronto a tornare sui propri passi, e a chi ha sofferto per quella scelta. Il drama non si addentra a spiegare perché determinati personaggi hanno fatto quelle scelte o a descrivere cose passate, perché, in realtà nell’ambito del perdono, cosa è successo ha una determinata importanza, ma conta più quanto vuoi farti perdonare.

C’è anche molta fratellanza nel drama, rappresentata dalla Samsan Tech: questi tre crescono insieme, si fidano l’uno dell’altro e ci sono sempre. Affrontano difficoltà, litigano, si perdono, passando da goffi e casuali programmatori a professionisti, scegliendo sempre di restare insieme anche quando sarebbe stato più facile sbattere la porta e andarsene, o prendere i soldi e ricominciare. Sono la prova che il fallimento fa parte della vita, le battute d’arresto sono esperienze di apprendimento e, provandoci insieme, alla fine si può riuscire a vincere.

Un altro punto interessante che vogliamo mettere in evidenza è l’amore, non quello romantico, ma quello per se stessi e quello disinteressato. In Jae, sorella della protagonista, è presentato come un personaggio negativo all’inizio, molto egoista. Lentamente la scopriamo di più e capiamo che dietro a quella punta di egoismo c’è amore per se stessi e voglia di arrivare. In Jae è orgogliosa, ma, soprattutto, è capace, conosce i suoi pregi e i suoi difetti e va come un treno verso i suoi obiettivi. Può piacere o meno, ma di sicuro c’è molto da imparare da lei. La nonna, invece, e il suo rapporto con Han Ji‑pyeong è l’amore disinteressato: non c’è legame di sangue tra i due, eppure nasce un rapporto strettissimo, vero, puro, che va oltre tutto e che risulta bellissimo da vedere.

Davvero interessante:
Poiché la storia è ambientata in un mondo di start-up, il drama spiega il funzionamento e le tendenze dello stesso. Ovviamente ci sono delle semplificazioni, la serie tv non vuole rendere lo spettatore i nuovi Zuckerberg, ma comunque introduce molto bene il mondo delle start-up: sogni, sfide, fasi, potenziale, rischi e finanziamenti.

Ogni episodio prende una parola dal glossario delle startup e mostra quell’aspetto sia da un punto di vista professionale sia in riferimento alla storia dei personaggi, una vera chicca.

Da laureata in Economia Aziendale, la serie ritrae correttamente tutte le definizioni di base su come funzionano le startup e utilizza accuratamente i termini tecnici. L’azienda di Nam Do-san, la Samsan Tech, lavora su software di riconoscimento delle immagini e molti di questi software, realmente, hanno lunghi periodi di errori e difetti. Esilarante la scenda del drama in cui il programma definisce il volto del padre di Nam Do-san come un “gabinetto”, ma anche terribilmente vera. La squallida sede della Samsan Tech cattura l’essenza dei primi uffici di molte startup; Nam Do-san e i suoi due co-fondatori lavorano in una stanza angusta con mobili di ricambio e scarsa illuminazione, non molto diversa dai mitici “garage” da cui nascono molte startup della Silicon Valley.

Nei suoi primi quattro episodi, ‘Start-Up’ fa un buon sforzo per presentare al pubblico vari aspetti del settore tecnologico. Oltre alla rappresentazione realistica della Samsan Tech, il drama spiega anche come funzionano gli acceleratori, attraverso l’immaginario “Sandbox”. Gli spettatori che lavorano effettivamente nel settore tecnologico troveranno questi riferimenti divertenti, mentre gli spettatori esterni al settore apprezzeranno le sovrapposizioni di testo ricorrenti che spiegano concetti come “angel investor”. Ovviamente il drama si prende anche molte licenze: Amazon non è una società di capitale di rischio, così come il processo di richiesta per entrare in un acceleratore viene molto semplificato, ma in generale l’approccio è da giudicare positivo.

Punti di forza:
Il drama affronta tutto e tutti a grandi linee, ma riesce comunque a creare personaggi che coinvolgono e toccano il cuore. ‘Start up’ gioca molto bene con i personaggi di contorno che, forse, sono la parte più potente (soprattutto nella prima parte del drama): il tifo per il Second Lead è scontato (bugiardo chi dice il contrario e afferma di non amare Ji Pyeong), così come è facile affezionarsi a tutta la Samsan Tech e le loro personali storie sono davvero coinvolgenti e toccanti.

Menzione d’onore alla sorellona In Jae: è il personaggio più coerente, nonostante all’inizio il drama ci spinge palesemente ad odiarla. E’ una donna forte, capace di brillare e che non vuole dipendere da nessuno se non dalle sue capacità. E’ una maniaca del lavoro, fin troppo orgogliosa, fredda, a tratti arrogante e quasi spietata sul posto di lavoro, tutte caratteristiche che potrebbero sembrare negative, ma che la rendono vera e credibile. Lei va avanti amando se stessa e il suo lavoro senza cercare il sostegno degli altri o l’amore della vita: la sua felicità è affrontare le sfide, vincendole.

Sempre nell’ambito dei secondari fantastici, Han Ji Pyeong è davvero un personaggio interessantissimo. Rientra tra gli ‘esteriormente egoisti ma interiormente altruisti’. Nonostante il passato difficile Ji Pyeong non ne esce come un figura patetica, ma un personaggio con grande dignità: lui stesse non parla del suo essere orfano o essere stato povero perché vuole essere giudicato per quello che è. A volte più sembrare scontroso e troppo duro, ma il suo obiettivo è sempre essere sincero e, dietro le quinte, aiutare chi lui crede che meriti il suo tempo. Anche se non vede futuro nella Samsan Tech (cosa lecita in fondo considerando le condizioni in cui operano all’inizio e all’assenza di una struttura, di una visione aziendale ecc), comunque li aiuta a evitare truffe e, a modo suo, li guida.

Ripetiamo tra i punti di forza la storia di “amore” tra Ji-pyeong e la nonna Choi. Memorabili, dolci, toccanti loro due insieme: i momenti più belli sono stati quelli di questi due, spesso commuoventi, sempre veri e sinceri. Ji-pyong è diventato il bravo ragazzo di tutti anche grazie alla nonna.

Punti di debolezza:
L’atmosfera buonista e semplicista del drama a volte risulta essere stucchevole: il drama cerca di mettere subito in buona luce l’eroina che sceglie suo padre e la vita di difficoltà, mentre sua sorella maggiore la tratta male e va via con la madre verso una vita da ricchi. Non viene spiegata davvero la motivazione della figlia maggiore, o perché non ha nemmeno un po’ di affetto per suo padre o sua nonna, scegliendo di non vederli per decenni. Un po’ semplicistico e poteva essere approfondito di più dato che In Jae non è un personaggio stupito e probabilmente ha avuto le sue ragioni.

Il passato delle sorelle non è l’unica cosa approssimativa: il ricongiungimento familiare è gestito in modo affrettato; l’arco di vendetta è inutile e gestito malissimo (davvero una ciofeca che dura 5 minuti spalmato in 3 puntate: INUTILE); i problemi non sono davvero mai dei problemi, le difficoltà non sono mai davvero insuperabili (anzi si superano in 30 minuti) e tutto ciò rende il drama un po’ piatto.

Anche i cattivi sono stereotipicamente esagerati e privi di fantasia, poco veritieri e percepiti come poco pericolosi, tanto che possiamo dire che di veri nemici non ce ne sono in ‘Start Up’.

‘Start Up’ si concentra troppo sul triangolo amoroso, che occupa quasi tutte le lunghissime puntate: tutto ciò che va fuori dal triangolo è solo approssimato, abbozzato e lievemente trattato. Renato Zero ne sarebbe fiero, noi un po’ meno (N.B. ci riferiamo alla canzone ‘Triangolo’ dell’artista italiano).

Altra problematica è la durata degli episodi: in media 80 minuti ogni puntata, una lunghezza inusuale che, inoltre, non ha alcun senso. Le scene sono dilatate, ogni episodio è pieno di cose che potrebbero benissimo essere date per scontate. Far vedere tutto non è essenziale, lo spettatore può immaginare che qualcosa avvenga dietro le quinte, senza pensare a buchi di trama. La cosa assurda è che, nonostante i suoi 80 minuti per 16 episodi, ci sono pezzi di storia (arco di vendetta, come nonna, madre e sorelle si riuniscono e perdonano ecc) che vengono arronzati e affrettati.

Altra immensa delusione: il protagonista maschile. Han Ji Pyeong, lo abbiamo già spiegato, è un punto di forza di questo drama ed è qualcuno che è esteriormente egoista ma interiormente altruista. Nam Do San, al contrario, è una persona esteriormente altruista ma interiormente egoista. All’inizio, il suo personaggio è adorabile e vivace e ha sicuramente dei lati positivi, ma il modo in cui si approccia a Dal Mi ha del tossico, tossicità basata sulla sua palese insicurezza e che esplode nella seconda parte del drama. Più volte ha reagito in modo spropositato, con attacchi di violenza, in realtà molto preoccupanti, e a tratti in modo ossessivo.

Anche la storia d’amore tra Dal Mi e Do San è davvero immatura e poco coinvolgente, probabilmente anche per il carattere di Do San, ed è una relazione basata più su idee che su fatti e parole. Dal Mi con Ji Pyeong ha un rapporto più maturo e di reciproco supporto, rendendo evidente, appunto, che il ‘problema’ del rapporto con il protagonista è Nam Do San e il suo essere ancora un bambino.

Conclusione:
I primi episodi avevano molto potenziale, sono stati emozionanti e strazianti, ma il tutto è andato lentamente in discesa: alcuni elementi non sono stati più ripresi (le lettere così importanti all’inizio, poi non vengono quasi più considerate) e gli aspetti aziendali ed economici vengono sostituiti completamente dal triangolo amoroso forzato e problemi inesistenti. ‘Start Up’, nonostante i difetti, è carino, divertente e diverso dal solito: vale la pena vederlo anche solo per alcuni personaggi (parliamo di Ji Pyeong, ovviamente).

Il drama è consigliato a chi ama le commedia romantiche e vuole una fiaba, in quanto tale piena di amore, ideali, valori, crescita e fratellanza, colore ed entusiasmo ma anche di molta superficialità. Dateci una possibilità perché ‘Start Up’ vale una parte del vostro tempo, o meglio Ji Pyeong sicuramente ne vale.

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