Per Joshua Wong, attivista di Hong Kong, gli attacchi ai BTS dalla Cina non sono casuali
PR | On 17, Ott 2020
I netizen cinesi sono arrabbiati per la dichiarazione di RM dei BTS durante la cerimonia di premiazione dei Van Fleet dove, per il 70° anniversario della guerra di Corea, ha ringraziato le due nazioni che hanno lottato duramente, ossia Corea del Sud e USA. Per i cinesi, RM e i BTS hanno dimenticato il nobile sacrificio dei soldati cinesi durante quella stessa guerra, non specificando che questo sacrificio, però, era dall’altro lato: le truppe cinesi hanno partecipato alla guerra di Corea per sostenere la Corea del Nord contro gli Stati Uniti e la Corea del Sud.
Quella che sembra una questione inutile sta avendo delle ripercussioni molto gravi: Samsung, FILA e Hyundai hanno iniziato a rimuovere tutte le pubblicità collegate al gruppo nelle loro piattaforme cinesi, i principali fandom cinesi del gruppo stanno ritirando gli ordini del prossimo album ‘BE’, fino, addirittura a presunti collegamenti del gruppo al movimento per l’indipendenza di Hong Kong, basato sul nulla e pompato dai netizen cinesi con il palese scopo di infangare ulteriormente il nome del gruppo.
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La questione è grave, tanto che il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha parlato di questo e ha detto: “Quello che voglio dire è che dovremmo imparare molte cose dalla storia, affrontare il futuro, amare la pace e promuovere l’amicizia”, in pratica sostenendo che i BTS dovrebbe studiare di più ed evitare di creare polemiche che dividano. In sintesi che hanno sbagliato.
Sulla questione ‘bottiglia BE WATER’ accusata di essere pro-Hong Kong, l’attivista e leader della lotta per l’indipendenza di Hong Kong, Joshua Wong, aveva parlato dell’inutilità della polemica e di come questa storia non fosse altro che l’ennesimo atto di propaganda con la creazione di un nuovo ‘mostro’ per i cinesi da combattere.
Joshua Wong in ulteriori post su Twitter pubblicati a distanza di qualche giorno dai primi, però, ha parlato nuovamente della questione, vedendo nell’attività cinese contro i BTS una precisa direzione, forse anche più spaventosa, ma non da escludere.
L’attivista afferma: “Nella questione #BTS, ci sono segni preoccupanti di un’escalation del nazionalismo cinese e delle tensioni tra la Cina e il mondo. Nell’era post-pandemia, l’incertezza politica aumenta man mano che diventa ancora più imprevedibile anticipare quale problema colpirà i nervi dei nazionalisti cinesi.
La Cina si sta anche preparando per la sua diplomazia punitiva. Poche settimane fa, Pechino ha introdotto la vaga “lista delle entità inaffidabili”, in base alla quale i leader del PCC hanno piena discrezionalità nell’imporre sanzioni economiche alle imprese che non si piegano alle sue linee ‘rosse’ politiche.
Poiché questi rischi diventeranno la nuova normalità, diventa imperativo per tutte le imprese considerare la diversificazione dei propri mercati per far migrare tutte queste insidie poste dall’eccessiva dipendenza da una singola regione.”
Secondo questa ‘lista delle entità inaffidabili’, la Cina si riserva determinate azioni o reazioni nei confronti di un’entità straniera in attività economiche e commerciali internazionali nel caso in cui queste minano l’autorità o la sicurezza della nazione o dei cittadini cinesi. Le misure, che verranno adottate, quindi, solo su organizzazioni o individui stranieri che vogliono operare in Cina, possono arrivare fino alla sospensione o divieto dell’attività e il ban dal paese, escludendo esportazioni e importazione con quell’individuo/organizzazione di beni o denaro.
Inutile dire che la Cina è una delle potenze economiche al mondo, con il secondo mercato online in assoluto per volumi di acquisto, e privarsi di questo mercato per ogni società/persona vuol dire privarsi di un guadagno importante.
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