Il drama del mafioso 'Vincenzo', con Inzaghi come guest star, è imperdibile
PR | On 31, Lug 2021
“Vincenzo” è molto probabilmente uno dei miglior K-Drama mai visti prima, ma di sicuro è il migliore del 2021: la serie tv coreana dai numeri record prodotta da Netflix è senza ombra di dubbio qualcosa da non perdere. Nessuna scappatoia, nessun momento noioso, solo puro intrattenimento con un cast eccezionale a cui si deve dare una possibilità.
‘Vincenzo’ è una storia di vendetta, romanticismo a lenta combustione e un pizzico di violenza accompagnato da immagini straordinarie, produzione di prim’ordine e un cast stellare che creano un prodotto molto accattivante, capace di tenervi incollati allo schermo per 20 episodi.
Pronti per quest’ode a Vincenzo (e al mitico Inzaghi)?
Di cosa parla questo drama?
All’età di 8 anni, Park Joo-Hyeong è andato in Italia dopo essere stato abbandonato dalla madre e adottato. Ora è adulto, si chiama Vincenzo Cassano (Song Joong-Ki) ed è un avvocato che lavora per la mafia milanese come consigliere.
A causa di una guerra tra gruppi mafiosi, fugge in Corea del Sud e, mentre cerca un tesoro nascosto sotto un centro commerciale fallito, viene coinvolto nelle lotte legali dell’avvocato Hong Cha-Young (Jeon Yeo-Bin) contro il gruppo Babel, che affronta a modo suo.
Piccole cose bellissime:
‘Vincenzo’ non segue i soliti cliché dei k-drama, ma si differenzia per una scrittura “reale” e colpi di scena logici e imprevedibili. La trama è davvero avvincente, anche se all’inizio si prende il suo tempo per capire il genere e il ritmo, lo sceneggiatore Park Jae Bum ha creato un prodotto che non annoia mai. ‘Vincenzo’ è scritto con attenzione, estrema attenzione, e non sono casuali i riferimenti ai film, soprattutto gangster movie americani, o alla religione, come la Torre di Babele della Bibbia rappresentato dal Gruppo Babel (una sciccheria che l’ossessione del presidente sia proprio quella di creare una torre).
La serie TV è un ibrido tra drama legale e thriller che incontra la sitcom riguardante una fetta di vita in cui ogni singolo personaggio ha uno scopo chiaro: tutto lo spettacolo è ideato come una lunga partita a scacchi e ogni pezzo ha un alter-ego, Vincenzo contro il CEO del Gruppo Babel, Hong Cha-Young contro Choi Myung-hee, e in ogni episodio ognuno elabora e spiega perché ognuno fa quella mossa.
La regia e CGI sono di livello superiore e vi sconvolgerà sapere che nessuna scena del drama è stata girata in Italia: tutte quelle parti ambientate su territorio italiano, tra ville, campagne e vigneti, sono interamente ricreate e computer. Non ve ne accorgerete nemmeno perché sono perfette. Anche il fantastico piccione Inzaghi, amico fidato di Vincenzo e indubbia guest star del drama, purtroppo non è reale, ma le sue emozioni arrivano comunque forti e chiare.
E come italiani, come se la cava ‘Vincenzo’? Per noi è super approvato: Vincenzo è uno di noi, mentre impreca ogni volta che è frustrato o mentre si offende quando viene cucinato male un piatto della cucina italiana. Quando Vincenzo va nel ristorante italiano, anche noi soffriamo con lui mentre gli arrivano quei piatti non “conformi”, ci rimaniamo davvero molto male (dobbiamo cercare un po’ di superarla questa ossessione per il cibo). Anche le battute in italiano di Song Joong-ki sono molto buone: ottima pronuncia, scandisce bene le parole e ci mette passione ed emozione. Le sue parolacce sono da suoneria, ovviamente.
Cosa affronta il drama?
Il drama è partito come una storia alla Davide contro Golia per poi trasformarsi in una storia di pure vendetta.
Lo spettacolo genera diverse discussioni filosofiche sul bene contro il male, e uqeste due linee in “Vincenzo” si confondono spesso. Cosa è bene e cosa è male? È male ferire le persone cattive? Come possiamo fare giustizia in modo efficace in un sistema corrotto?
Il potere e la giustizia sono, quindi, i temi prevalenti nello show. Ecco perché è davvero bella molto la chimica tra Vincenzo e l’avvocato Hong Cha-Young, due persone ambigue che si uniscono per la loro vendetta e strano senso della giustizia. Più che essere amanti o innamorati, ono uniti dal loro ingegno e dal desiderio di vendetta: il “consigliere” Vincenzo risveglia Cha-Young dalla propria delusione, superando la legge, che è piena di traditori e cattivi, e introducendola a un nuovo tipo di giustizia.
Vincenzo ci porta a farci delle domande sui nostri principi e quello in cui crediamo. Come possiamo tracciare il confine tra ciò che è giusto e ciò che è al di sopra della legge? Come è giusto punire chi è responsabile di qualcosa?
Arrivi, quindi, a pensare che alcune persone sono così malvagie che meritano davvero di essere ferite e di soffrire e provi piacere mentre vedi le crudeltà che subiscono. Vincenzo si autodefinisce giudice, giuria e carnefice dei deboli, un fardello che dice si accollerà finché il male prevarrà. Forse nessuno di noi lo farebbe al posto suo, molti di noi lo definirebbero sbagliato ma, viene spontaneo chiedersi: quale prezzo siamo disposti a pagare per correggere ciò che è sbagliato nel mondo?
Davvero molto interessante:
L’oscuro drama nasce come d’azione e legale, per poi finire come dark comedy, noir e anche un po’ melodramma. Questo mix di generi può sembrare confusionario, ma invece crea un movimento unico al drama, rendendolo, appunto, interessante ma anche coinvolgente. Vincenzo, il personaggio sicuramente meglio riuscito e pieno di sfaccettature, si muove in un mondo in cui risplende e racconta di un sistema corrotto fino al midollo, dove tutti sono vittime consapevoli e impotenti.
Lo spettacolo ha spesso l’estetica del Camp e una velocità Pacy. Per Camp si intende uno stile estetico e una sensibilità che considera qualcosa di attraente per il suo cattivo gusto e il suo valore ironico. Un prodotto televisivo o filmografico camp è qualcosa di vivace, audace e dinamico, dove l’estetica si diletta nell’impertinenza, in pratica una performance o produzione in cui tutto è sopra le righe e teatrale. Il Camp spesso è confuso con il kitsch, ma è un errore: “kitsch” si riferisce specificamente all’opera stessa, mentre “camp” è una modalità di performance. Pacy, invece, è un termine britannico usato per descrivere qualcuno o qualcosa che mantiene un ritmo veloce o si muove rapidamente che è esattamente il modo per descrivere ‘Vincenzo’ con il suo ritmo serrato e i tratti esagerati, teatrali, vivaci e spesso sopra le righe.
Punti di forza:
Senza dilungarsi molto sui molteplici colpi di scena e sui diversi cliffhanger, la forza dello spettacolo risiede nella sua scrittura veloce e negli eccellenti protagonisti che hanno portato lo spettacolo sulle loro spalle.
Vincenzo sarà probabilmente considerato uno dei migliori ruoli della carriera di Song Joong-Ki. Non è facile interpretare un ruolo grigio che sostiene la “giustizia spietata” eppure Jongki lo fa con passione e con tanto di luccichio ossessionante nei suoi occhi. I metodi di Vincenzo potrebbero essere astuti e intelligente, ma c’è anche una buona dose di macabra violenza mentre si imbarca in una storia di vendetta.
Infatti, Vincenzo è l’antieroe, teoricamente combatte il male, ma lo fa come un criminale, senza mai nascondere la sua vera natura, mostrando pugno duro e crudeltà contro i trasgressori nel modo più brutale immaginabile. Lui non è un vigilante o un poliziotto, né gli importa della giustizia, è un cattivo in tutto e per tutto. Il suo unico scopo nel tornare in Corea del Sud è quello di sbloccare l’oro nascosto in un ignaro centro commerciale. Alcuni potrebbero obiettare che uccide solo persone cattive, ma scopriamo presto che non è così, che ha ucciso i lavoratori innocenti che hanno installato la cassaforte segreta. Con un personaggio così vile, come si può tifare per lui? Eppure gli scrittori fanno un ottimo lavoro nell’umanizzare il suo personaggio per renderlo simpatico, dimostrando che è capace di compassione. Ha anche momenti comici come la sua ossessione per i vestiti costosi, il suo disgusto per il cibo italiano di produzione sudcoreana e la sua amicizia con un piccione. Ci sono momenti in cui ti dimentichi quasi che uccide le persone con tanta facilità. E la cosa ancora più interessante è che nel corso del drama Vincenzo non si tradisce, ma rimane fedele a se stesso, capace di farsi accettare dallo spettatore per quello che è.
Anche Cha-Young, però, è in lista per essere uno dei migliori personaggi femminili scritti negli ultimi tempi per un K-drama. È davvero un cambiamento positivo vedere gli scrittori eliminare i cliché per la protagonista femminile: Cha-Young non ha bisogno di protezione, è arguta, volitiva, con una moralità tutta sua e sempre pronta per una sfida, diventando una controparte forte capace di stare al fianco di un personaggio brillante come Vincenzo.
La relazione di Vincenzo e Cha Young è solo una storia secondaria, non vi aspettate tanto da loro perché non è una commedia romantica, eppure è una storia d’amore a fuoco lento: non c’è stato un solo “ti amo” detto tra loro, eppure la chimica si percepisce tantissimo.
Anche i personaggi interpretati da Ok Taec-Yeon e Kwak Dong-Yeon sono strepitosi, il primo ha costruito un ruolo memorabile fin dai primi episodi grazie alla sua forte presenza sullo schermo, il secondo emerge come una sorpresa nella seconda metà dello spettacolo.
Punti di debolezza:
Una delle cose che può risultare stucchevole è l’invincibilità di Vincenzo, personaggio così tanto idealizzato da essere sempre 80 passi davanti agli altri e sempre, di fatto, preparato a tutto. Se all’inizio questo poteva essere divertente, a metà drama inizia a diventare poco credibile e un po’ ripetitivo. Fortunatamente anche questo invincibilità viene superata nelle ultime puntate, rendendo tutto molto più interessante.
Un problema è, come prevedibile, nella romanticizzazione della mafia: il modo in cui la descrivono sembra più una copia derivante dalla idilliaca narrazione statunitense piuttosto che frutto di una ricerca condotta in italia. E’ tipico di prodotti fuori dai confini italiani una descrizione romantica e nostalgica, con mafiosi quasi idealizzati e trattati con una sorta di rispetto, impostazione da ‘Il Padrino’ che non corrisponde alla narrazione tipicamente italiana. La percezione è strana, quindi, anche in ‘Vincenzo’ ogni volta che si parla di onore, rispetto e lealtà nella mafia, ogni volta che si parla di un mafioso senza definirlo per quello che è, ossia un criminale. Avrebbero potuto approfondirlo meglio ma, in fondo, non voleva essere questo l’argomento del drama, quindi lo si perdona.
Conclusione:
‘Vincenzo’ non racconta una storia di redenzione, né è un drama legale, è la storia di cattivi che hanno accidentalmente calpestato i piedi di un cattivo ancora più grande e, alla fine, è facile ritrovarsi a fare il tifo per la persona che ci appare come meno cattiva. In fondo “Ci vuole un diavolo per scacciare un altro diavolo”, no?
Se volete qualcosa di diverso capace di tenere sempre con il fiato sospeso, ‘Vincenzo’ è il perfetto mix di generi. Ci sono colpi di scena in ogni episodio e i personaggi mostreranno lati diversi di se stessi in grandi rivelazioni. ‘Vincenzo’ è un drama davvero imperdibile.
1 cuore per questo articolo-
Certo per gli italiani è un vero schiaffo presentare la mafia in questa maniera così romantica, benevola e positiva. Bisogna fare una grossa sospensione dell’incredulità per immaginare un mafioso con le qualità umane di Vincenzo, al punto che l’agente che lo pedina finisce per ammirarlo incondizionatamente e aiutarlo a violare la legge. Ma sorvolando sulla filosofia finale del “quando le istituzioni sono corrotte la mafia ristabilisce la giustizia”, rimane vero quanto detto nella recensione: è un personaggio irresistibile e lo sono anche tutti gli altri, l’avvocatessa è una figura originalissima, la storia d’amore non è affatto scontata, e c’è anche una buona evoluzione di tutti i personaggi principali.
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Visto due volte, alcuni episodi visti fino a conoscerli a memoria, in italiano, in coreano e in inglese. Una delle serie più belle ed intense degli ultimi 15 anni. Divertente, scelte musicali azzeccatissime, attori bravissimi ed esilaranti, un vero atto d’amore per l’Italia. L’unico amaro in bocca che rimane alla fine è proprio il fatto che è finito. Vincenzo Cassano non rimarrà un ricordo, è un pezzetto di noi. Chapó a tutto il cast, al regista e all’ideatore.
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Dal titolo credevo che Pippo Inzaghi avesse fatto un cameo…
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