Classifica dei documentari dei BTS: dal peggiore al migliore
PR | On 26, Feb 2024
I BTS hanno pubblicato diversi documentari nella loro carriera, sia come docu-serie che come film andati in sala (con successi incredibili).
Li abbiamo visti tutti (preferendo sempre i film alle docu-serie dove vi fossero entrambi), sia quelli di gruppo che quelli singoli, e siamo pronti a darvi la nostra classifica: dal peggiore al migliore, specificando quali sono suggeriti anche per non-fan o per chi vuole conoscere meglio il gruppo!
SETTIMA POSIZIONE
– Jimin’s Production Diary (FACE Documentary)
Su Weverse
Jimin’s Production Diary è una documentazione grezza della produzione dell’album solista di debutto di Jimin, FACE, uscito nella primavera del 2023. Il documentario copre l’intero processo dai primi inizi, la continua fatica di Jimin e il bisogno di perfezione, fino alla realizzazione dell’album. liberazione e pensieri finali. Vedremo com’è Jimin dal punto di vista produttivo della realizzazione dell’album e cosa ha ispirato i diversi elementi dell’album.
E’ uno dei documentari più corti, poco più di un’ora ed è quello che ricorda più un diario, nella sua connotazione più intimista. Sembrano delle riprese delle telecamere di sicurezza che spiegano anche la cosa più banale della produzione dell’album da solista di Jimin: dal jingle creato per caso (ricordando una melodia sentita da bambino) su una parete di pianole a un primo canto con una serie infinite di ‘fot***ti’. POESIA.
La maggior parte del documentario/diario si svolge in poche stanze: uno studio di registrazione nel quartier generale della Hybe o l’appartamento di uno dei collaboratori di lunga data dei BTS, il produttore Pdogg.
Jimin diventa elemento curioso, colui che sta lottando per raccontare autenticamente la propria storia e trovare la sua voce come cantautore, ma anche che si scatena in una danza strana, chiacchiera con amici e colleghi o si butta sul divano rannicchiato. Ci sono le sue insicurezze, che si intravedono di tanto in tanto, l’amore per quello che fa ma anche molta preparazione e creazione.
Essendo, però, qualcosa di molto piccolo, concentrato e limitato a un elemento specifico (la produzione delle canzoni dell’album), Jimin’s Production Diary (FACE Documentary) è qualcosa consigliabile esclusivamente ai fan del ragazzo e del gruppo. Chi non conosce già Jimin non può apprezzare davvero questo documentario, chi non ama il gruppo potrebbe trovarlo noioso. Chiaro il motivo della sua presenza esclusivamente su Weverse (piattaforma per i fan del gruppo).
SESTA POSIZIONE
– Break The Silence: The Movie
Su Chili
Ennesimo dei documentari dei BTS che hanno rispettato la tradizione degli acronimi portata avanti dal gruppo è ‘Break The Silence: The Movie’, uscito nel 2020. Dato che i loro documentari hanno naturalmente rivelato gran parte delle loro esperienze in tournée, questo film rivela le molteplici dimensioni del loro tour ‘Love Yourself: Speak Yourself’, lanciato nel 2019.
Again, anche qui c’è una docu-serie da 7 episodi (se ho capito bene) e qui si va più a fondo con le interviste dei membri che parlano dell’essere idol nell’episodio 2, del modo di lavorare nell’ep 3, di se stessi ep 4 ecc.
Stavolta ho visto due episodi della serie, che ha interviste diverse rispetto al film, ma è molto più collegato al tour, alle emozioni durante il tour, alle prove del tour, al dietro le quinte quotidiano e sciocco del gruppo. Le scene sono completamente diverse, ma secondo me sono montate meglio rispetto al film.
Anche il film, comunque, usa la stessa struttura lasciando molto più spazio rispetto ai precedenti documentari alle interviste singole ai membri, una specie di confessionali dove i ragazzi si sfogano.
E’ quello più strutturato: inizia con una presentazione del gruppo e sul rapporto tra persona/idol, utilizza anche registrazioni di telegiornali e cronisti, alternando momenti del concerto, dietro le quinte e le famose interviste individuali.
Piccola nota negativa: le transizioni tra un concerto a un altro, una scena e l’altra, qui vengono spesso gestite con uno schermo nero e qualche secondo di pausa e, sinceramente scelta efficace ma banale, ma si poteva fare di meglio. Succede ben 13 volte (solo raramente bene) in un’ora e 25 di film.
Il montaggio è pigro. Punto.
In generale si fa vedere ma, nonostante le interviste, sembra meno diretto e sincero di ‘Bring The Soul: The Movie’. ‘Bring The Soul: The Movie’ con scene semplici, come le lacrime di V perché a causa del mal di gola non ha potuto esibirsi bene, valgono più delle 1000 parole del ragazzo in questo film, ma non perché V dica minchiate, ma perché i gesti a volte spiegano più cose.
In questo film si vede molto il filtro che hanno voluto mettere su di loro, sullo sforzo di mostrarli come ‘persone’ e come volevano che il gruppo uscisse fuori, e fanno l’effetto contrario. Mi sono sembrati più veri e persone in ‘Bring The Soul: The Movie’. Questo documentario, invece, sembrava voler avere un tema, un messaggio, collegato alla persona e al rapporto con l’idol, ma alla fine non approfondisce nulla.
QUINTA POSIZIONE
– Burn The Stage: The Movie
Su Youtube Premium
Pubblicato nel 2018, il primo nella lista dei documentari dei BTS è Burn The Stage: The Movie, che ha dato il via alla tradizione di rilevare le storie dietro il loro viaggio musicale come BTS.
Diretto da Park Jun-soo e prodotto da Yoon Ji-won, il film mostra cosa è successo dietro la creazione del loro album ‘Wings’ e il ‘Wings Tour 2017’ a supporto dello stesso.
C’è anche una serie tv di 8 episodi da 30 minuti circa ognuno. In totale 4 ore di girato. I due prodotti sono diversi: la serie (che non ho visto) sembra concentrarsi più sulla preparazione dei 300 giorni del tour e riporta le interviste ai vari membri. Molti di quelli che hanno visto la serie, hanno preferito comunque il film perché, paradossalmente, riporta più informazioni e racconta meglio quello che i BTS hanno passato e come sono arrivati al 2017/2018. Il film è un adattamento di 1 ora e 20 di quegli episodi, però sono due prodotti molto diversi. Su questo concordano tutti.
Il film è mirato a condividere con i fan i momenti salienti del tour, della sua preparazione e le scene dietro il palco. Contestualmente crea una finestra (molto piccola però) su aspetti molto personali dei membri e sul loro amore per gli ARMY. Il film cerca di entrare in contatto con i fan a un livello molto personale: tipo l’analogia oceano e deserto è qualcosa di noto ai fan, per i non-fan non ha alcun senso.
Credo che per un non-fan possa risultare un po’ noioso, anche perché non è un documentario con un tema (a parte mostrare il tour dei BTS), però è anche un buon biglietto da visita (soprattutto in alcuni punti) per far capire la filosofia del lavoro dei BTS, la dedizione, l’impegno e il legame coi fan.
QUARTA POSIZIONE
– Road to D-Day (SUGA)
Su Disney+
Il successivo documentario solista dei BTS è Road to D-Day del rapper SUGA. Proprio come il documentario di J-hope, l’uscita del suo primo album in studio, D-Day, è stata seguita dalla rivelazione del suo documentario che raccontava come ha interagito con diversi artisti globali per la creazione del suo album e tutto ciò che era coinvolto nel segnando il suo primo passo ufficiale come solista.
Road to D-Day di SUGA parla anche a lungo della storia personale dell’idol che inevitabilmente influenza il suo album, compresi i temi dell’età adulta e altro ancora.
Non lo negherò, non ci proverò neppure: Suga è il mio preferito nei BTS (anche se seguo il gruppo, so le cose basilari, non sono una grande fan -nasco come una EXO-L dai tempi del debutto, FATE VOI), perché è una figura davvero affascinante nel modo di ragione. Già l’apertura del documentario è molto interessante con i temi lanciati con la fionda: l’apatia e l’immobilismo, la mancanza di sogni, il sentirsi arrivato ma incompleto, la volontà di raccontarsi senza sapere cosa dire, è tutto molto da Suga, è tutto molto interessante nelle premesse.
Il reality scorre bene, è ben montato con degli intermezzi tra le varie scene delle canzoni di Suga che vogliono completare il discorso introdotto in quel pezzo. Struttura interessante, di sicuro una delle più complesse e pensate tra i documentari solisti.
E’ palesemente il documentario solista su cui hanno puntato di più.
Suga, come prevedibile, fa molte riflessioni sulla natura dell’artista, sulle sue perplessità, paure, sulle difficoltà con il mondo ma anche con l’arte stessa. Esce fuori soprattutto il Suga artista, con qualche spruzzo di Suga umano.
Si fa vedere ma, secondo me, se non conosci Suga, non capisci a pieno questo documentario. Quello di J-Hope è molto più immediato anche per i poco-fan. Questo di Suga necessita di ancora più background per essere compreso a pieno.
Esempio?
Tutto il discorso sul sogno.
Nel documentario Suga afferma che si diventa adulti quando si smette di sognare e che lui sente di non avere più un sogno, ormai, di essere stato uno dei primi nei BTS “a smettere di sognare”. Sognare è sempre stato il motto dei BTS (da No More Dream dove incoraggiavano un giovano isolato a sognare sempre con rabbia) e sognare nei BTS assume il ruolo di atto di resistenza. Per uno dei suoi membri confessare esplicitamente che potrebbe non avere più alcun sogno, ha un peso emotivo profondo e chi è fan lo capisce a pieno. Ovviamente Suga alla fine capisce che il sogno non si basa su un obiettivo stagnante e fa pace con questo aspetto, accetta di vivere la vita così come arriva, galleggiarci e godersi il panorama.
TERZA POSIZIONE
– J-Hope In The Box
Su Disney+
Il primo nella lista dei documentari solisti dei BTS pubblicati dall’agenzia è stato J-Hope In The Box di j-hope.
Dopo essere stato il primo membro a pubblicare il suo album di debutto da solista, Jack In The Box, il rapper ha anche annunciato di essere il primo membro dei BTS a pubblicare una serie di documentari da solista. Il film è uscito nel febbraio 2023 e mostra le scene ambientate dietro la produzione dell’album.
Ne ho parlato nella scheda dedicata, ma in sintesi: il documentario è standard, un po’ altalenante nel montaggio (la prima metà è più interessante rispetto alla seconda parte che, invece, risulta un po’ noiosa), però J-Hope ne esce analizzato e molto più tridimensionale.
J-Hope IN THE BOX ritrae quindi il suo viaggio per uscire da quella scatola ed esprimere se stesso in una luce diversa. Ci sono momenti molto toccanti nel documentario ma, in generale per apprezzarlo bisogna essere fan, altrimenti è difficile da seguire (anche se dei buoni punti li diffonde).
Il documentario di J-Hope dei BTS, ‘J-Hope IN THE BOX’, entra nella scatola, ma resta sul bordo
SECONDA POSIZIONE
– BTS Monuments: Beyond The Stars
Su Disney+
‘BTS Monuments: Beyond The Stars’ (sempre il nome a partire dall’acronimo BTS) è l’ultimo documentario rilasciato nel 2023 come parte delle celebrazioni del decimo anniversario dei BTS. La serie di otto episodi, di circa 30 minuti ognuno, mostra interviste mai viste prima e clip esclusive mentre si affronta il viaggio decennale dei BTS.
Vedremo i momenti pubblici e i successi del gruppo dal loro punto di vista ma anche alcuni momenti molto personali come il primo incontro, il rinnovo del contratto ecc.
‘BTS Monuments: Beyond The Star’ è intimo, bello e incredibilmente vulnerabile.
Episodio 1 – Gli Inizi
Dall’inizio, la nascita del gruppo, la formazione e le speranze ma anche le difficoltà, le ansie (soprattutto quando la hit tardava ad arrivare) fino al successo di ‘I need U’ e ‘RUN’.
Episodio 2 – L’adolescenza
La vittoria ai MAMA, consacrazione e inizio dell’avventura americana.
Si tocca il momento ‘rinnovo contratto’, quando molti dei membri volevano abbandonare, di burnout per il troppo lavoro (ironico che arriva dopo il discorsetto sul “trovate la felicità” del CEO). Con ‘Fake Love’, il gruppo fa capire di aver toccato il punto più basso in depressione e disperazione.
Episodio 3 – La ricerca della felicità
C’è la chiusura alla disperazione della puntata precedete: i BTS hanno superato la crisi grazie a un viaggio, che li ha fatti ritrovare come gruppo, e alla promessa implicita coi fan. La puntata poi continua con le attività negli USA, con i successi e, di nuovo, il momento tour e la tristezza che deriva dal non avere vita personale, ma dal vivere per lavorare.
Episodio 4 – Disconnessi
Si parte dal comeback con ‘On!’ e si giunge al COVID, pausa del mondo che qui viene vista dal punto di vista dei BTS. Si parla di ‘Dynamite’, ma soprattutto del primo concerto online e di come sia mancato il pubblico, fino ai Grammy.
Episodio 5 – BENVENUTI!
Si parte con ‘Butter’ e ‘Permission to Dance’, il ritorno ai concerti e la vittoria agli American Music Award nel 2021, fino al riconoscimento nazionale di diplomatici della cultura coreana.
Episodio 6 – Cominciare e ricominciare
Si parte da ‘Yet To Come’ e si riflette sul tempo passato e sul futuro. Quindi questo è il momento in cui tutti iniziano a pensare a lavorare separatamente e a iniziare sono J-Hope, Suga e RM, seguiti a ruota dagli altri.
Episodio 7 – Ancora viola
Si racconta molto del palco, della performance e del rapporto che il gruppo ha con i concerti e i tuor, oltre che la preparazione del loro ultimo tour insieme (prima del militare). Si parla del noi, di come hanno vissuto insieme per 7/8 anni e di come adesso necessitino dei proprio spazi individuali.
Episodio 8 – Promesse future
E’ un episodio che sa di chiusura fin dall’inizio, con le promesse, le intenzioni e i momenti del gruppo da soli e come team. Ovviamente a una certa si parla di servizio militare e la scena del taglio di capelli di Jin, il primo a servire, nel silenzio di Suga e Jungkook (e di Jin stesso) è una botta al cuore, per tutto quello che quel silenzio significa (paura, ansia, cambiamento).
La loro vulnerabilità e sincerità vengono messe a nudo per i loro fan: questa docuserie svela un altro strato di ciò che rende i BTS uno dei gruppi più popolari nella storia della musica e ripercorre la loro carriera.
“BTS Monuments: Beyond the Star” non è sempre facile da guardare. Vengono discussi problemi molto reali come la depressione, ma ciò che traspare magnificamente è la sincerità del gruppo coreano, l’impeccabile etica del lavoro e l’amore per il loro fedele fandom.
Viene accennato il processo creativo, così come il duro lavoro necessario per raggiungere questo livello di celebrità, ma soprattutto si parla delle loro emozioni, del palco, dei problemi di depressione e dei sette membri. E’ evidente che il cuore della serie è l’interiorità dei sette ragazzi e questa scelta avvicina i fan storici e anche i nuovi.
Uno dei problemi è il ritmo: hanno coperto i primi cinque anni di carriera del gruppo in soli due episodi, proseguendo la serie rallenta molto e diventa molto più introspettiva, spostando l’attenzione dalle difficoltà del debutto (anche se non spiegano perché hanno avuto così tante difficoltà all’inizio, con i media coreani che avevano molti pregiudizi nei loro confronti), alle gioie e alle frustrazioni dell’essere al top e non sapere cosa fare dopo.
Il documentario lascia lo spettatore felice perché non hai mai un dubbio sul fatto che tra due anni loro torneranno tutti insieme.
L’approccio del documentario nel raccontare la storia dei BTS non è solo accattivante ma anche empatico. “Usare quel tempo per guardare indietro a noi stessi e studiare noi stessi” dice J-Hope, e questo è in definitiva ciò che inquadra ‘BTS Monuments: Beyond the Star’. Uno studio del passato comprendendo l’impatto del presente in modo sincero e concreto.
PRIMA POSIZIONE
– Bring The Soul: The Movie
Su Chili
Mantiamo la tradizione dei documentari di giocare con il nome “BTS” come acronimo e adesso si sceglie Bring The Soul: The Movie. Uscito nel 2019, il film è stato diretto ancora una volta dal regista Park Jun-soo.
Mentre il gruppo espandeva la portata delle sedi del tour con il Love Yourself Tour, il film documentava non solo la gloria del settetto e la felicità che ottenevano dai loro numerosi concerti, ma anche gli inevitabili svantaggi che ne derivavano.
Anche il questo caso c’è una docu-serie, sempre 8 episodi da circa 30 minuti ognuno. Ho provato a vedere un episodio della serie ed è molto più standard e lento. Non ha le stesse scene del film ma segue quel periodo temporale in uno stile molto più classico.
Preferisco il film.
Dall’inizio questo documentario ha un ritmo serrato, aiuta anche la ‘sigla’ che alterna -su musica rock- concerto e dietro le quinte e momenti familiare del gruppo, e prosegue con un montaggio veloce e rapido e momenti intimi, in cui si vedono i membri anche vulnerabili, che prendono molto.
E’ il documentario perfetto per non-fan, perché ha molto ritmo, perché alterna momenti sul palco, a momenti dietro al palco, a momenti di difficoltà di vita reale, quanto piangono perché sentono di non aver dato abbastanza sul palco, e questo fa capire e affezionare ai BTS.
Non ci sono molte riflessioni, non vedete i membri parlare dei loro problemi o delle difficoltà, ma il film, tramite i dietro le quinte, ve le fa vedere le difficoltà, le cadute, i pianti e questo rende il prodotto estremamente sincero, oltre che molto più diretto.
Non sono parole, è proprio dolore e gioia e voglia di continuare.
Non è un documentario che racconta i successi dei BTS, che spiega quanto siano famosi o cose simili, è uno spaccato del loro tour e della loro vita che li mostra come umani.
Non è il documentario per capire i BTS, ma è il film per tutti (fan e non-fan) per affezionarsi a loro.
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